venerdì 27 marzo 2015

COMUNICATO AL PERSONALE-TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO-MODULO RICHIESTA



LEGGE DI STABILITA’ 2015 – Articolo 1 commi da 26 a 34 – TFR in busta paga
In via sperimentale viene prevista la possibilità per i lavoratori del settore privato di chiedere e ottenere dal datore di lavoro in busta paga dal 1 marzo 2015 al 30 giugno 2018 l’accredito del TFR maturando alle seguenti condizioni:
– Deve trattarsi di lavoratore del settore privato assunto da almeno 6 mesi presso il medesimo datore di lavoro, oppure, per i lavoratori assunti dopo il 1/1/2015, nei termini stabiliti da uno specifico decreto che dovrà essere emanato;
– Sono esclusi da questa facoltà i lavoratori del settore pubblico, i lavoratori agricoli e i collaboratori domestici;
– La quota di TFR maturando è quella di cui all’art. 2120 c.c. cioè il 13,5% della retribuzione dovuta nell’anno al netto del contributo dello 0,50% dovuto dal datore al fondo di accantonamento previdenziale (c.d. FAP di cui all’art. 3 ultimo comma legge 297/1982);
– Anche i lavoratori che hanno destinato il TFR al fondo pensione possono chiedere la liquidazione in busta paga della quota maturanda;
– La quota di TFR liquidata in busta paga verrà assoggettata a tassazione ordinaria e non è imponibile a fini previdenziali;
– La scelta di avere il TFR in busta paga è irrevocabile fino al 30 giugno 2018;
– Il TFR in busta paga non si può ottenere se il datore di lavoro è sottoposto a procedura concorsuale o l’azienda è dichiarata in crisi ai sensi dell’art. 4 legge 297/1982.
Solo ai fini della verifica del reddito complessivo per il diritto al bonus degli 80 euro non si considerano le somme erogate come TFR in busta paga.
I datori di lavoro hanno due possibilità per l’attribuzione del TFR in busta paga:
1. optare per uno schema di accesso accredito tramite il sistema bancario, tale finanziamento è assistito da privilegio speciale (art. 46 d.lgs. 385/1993);
2. oppure erogare direttamente il TFR.
Noi diamo un giudizio critico sul provvedimento, le critiche si concentrano sulla constatazione che da anni è stata compiuta la scelta di destinare il TFR alla previdenza complementare per costruirsi un futuro previdenziale più solido, prevedendo anche agevolazioni fiscali; con il provvedimento adottato la quota di TFR erogata in busta paga verrà tassata con l’imposizione ordinaria e non con tassazione separata come avviene ora ovvero, per il TFR destinato al fondo pensione, con le diverse aliquote agevolate sulla prestazione finale.
Pertanto riteniamo comunque più conveniente lasciare il TFR nel fondo di previdenza complementare.
Distinti saluti
Per opportuna informazione allego alcuni articoli a riguardo:


Romani sul TFR in busta paga: “Pensiamo al futuro e non solo all’oggi. “

Secondo lo studio Fiba Cisl il lavoratore potrebbe perdere oltre 10mila euro in tre anni.
“La categoria dei lavoratori dei lavoratori bancari e assicurativi vanta una storia pluriennale di fondi pensione: è per questo che sentiamo il dovere di intervenire in modo chiaro sulla riforma che consente al lavoratore di anticipare il TFR in busta paga. ”
Giulio Romani, segretario generale della Fiba Cisl, spiega  il motivo per cui ritiene prioritario, per la federazione che guida, fare luce sulla riforma.
“La scelta, infatti, è volontaria, ma, a chi decide, servono gli argomenti per poterne capire le conseguenze. Noi abbiamo lavorato in questo senso.”
Romani fa riferimento allo studio della Fiba sull'argomento (studio riportato dai principali mezzi d'informazione e che ha scatenato un intenso dibattito sui social). Il risultato è che in base alla fiscalità ed al mancato rendimento, il Tfr in busta paga è penalizzante. Più sono gli anni mancanti al pensionamento o al riscatto, e maggiori sono le convenienze economiche nell’accantonamento, specie se fatto nei Fondi Pensioni. Secondo i calcoli svolti, il lavoratore che opta per il tfr in busta paga potrebbe perdere anche oltre 10.000 euro in tre anni.
“In questo paese occorre pensare al futuro e non solo all’oggi- conclude Romani. – E’ ciò che cerchiamo di fare con la nostra proposta di modello di banca e di società, con una  visione strategica,  contro le logiche di puro taglio dei costi. Nel caso specifico il legislatore dovrebbe favorire chi si costruisce un futuro, non incentivarlo ad abbandonarlo”.

Cisl: "Col Tfr in busta paga in tre anni si perdono fino a diecimila euro"

Studio Fiba-Cisl: “L’unico vantaggio? I soldi in più per le bollette”. E aumentando il reddito si rischia di rinunciare agli sgravi Isee
Il Tfr in busta paga voluto dal governo Renzi rischia di essere un flop. Fino a pochi giorni fa solo sei lavoratori su cento avevano optato per l’incasso e alla fine, prevede un sondaggio della Swg per la Confesercenti, meno di due dipendenti su dieci sceglieranno di incamerare la liquidazione nello stipendio.

Il perché lo spiegano le elaborazioni fatte per noi dallaFiba Cisl, la federazione dei bancari, che per uno stipendio medio parlano di perdite in tre anni che vanno da duemila fino a 10 mila euro rispetto alle opzioni cumulo in azienda o in fondo pensioni. E due conti se li stanno facendo i 14,4 milioni di lavoratori del settore privato, con almeno sei mesi di anzianità alle spalle, che in questi giorni stanno ricevendo i moduli per esercitare entro il mese un’opzione che varrà per i prossimi tre anni. L’arco di tempo sul quale il centro studi della Fiba ha calcolato quanto lascerebbero sul campo tre lavoratori con il reddito medio di 25 mila euro lordi annui ma anzianità differenti. Un lavoratore di 40 anni, con lo stesso reddito, perderebbe 3.140 euro rispetto al cumulo e 5.667 in raffronto al rendimento di un fondo. Un venticinquenne poi ne perderebbe 9.453 non lasciandolo fruttare in azienda e addirittura 10.808 euro togliendolo dalla pensione integrativa.



"Il Tfr in busta è peggio tassato e non dà rendimenti annui, quelli che rendono ancora più conveniente farlo cumulare in azienda o investirlo nella previdenza integrativa quando si è più giovani. Del resto – spiega il tributarista, Gianluca Timpone a La Stampa - i soldi accantonati in liquidazione fruttano ogni anno l’1,5% più i tre quarti del tasso di inflazione. Se ad esempio i prezzi aumentano del 2% il Tfr cresce del 3". In busta paga la rivalutazione è invece zero. E poi c’è la tassazione meno favorevole. "Quando viene riscattato – conclude Timpone –, sul Tfr si applica l’aliquota media dello stipendio degli ultimi cinque anni, che di solito è del 23%, mentre sui fondi pensione è ora del 20%. Sempre meglio dell’aliquota progressiva Irpef che va dal 23 al 43% e che si paga incamerandolo in busta paga".


Tfr in busta paga, ecco a chi conviene: solo per i redditi sotto i 20mila euro

L'aumento della tassazione comporta un doppio svantaggio: meno soldi in tasca dei lavoratori a causa di un prelievo fiscale più alto e mancata rivalutazione. L'incognita per chi ha scelto i fondi pensione

MILANO - Conviene solo a chi ha un reddito tra i 15 e i 20mila euro all'anno. In tutti gli altri casi, arriva qualche soldo in più in tasca a fine mese da subito, ma ci si perde nel lungo periodo. Per non dire che i benefici del provvedimento che porterà all'anticipo del Tfr in busta paga - così come l'ha proposto il governo Renzi - in ogni caso si fermano qui. Ne sono esclusi, i lavoratori che hanno contratti di tipo precario o le partite Iva, oltre ai dipendenti pubblici. Nonché tutti coloro che - a suo tempo - hanno deciso di girare il Tfr al fondo pensionistico integrativo: per quest'ultimo, la manovra del governo si potrebbe trasformare in un salasso, sotto forma di maggiore imposizione fiscale.



Economisti ed esperti di previdenza non hanno dubbi. La manovra sull'anticipo del Tfr, per quanto bisognerà attendere i decreti attuativi per un giudizio definitivo, presta il fianco a più di una critica. Sia dal punto di vista tecnico che politico. Secondo i primi calcoli, i vantaggi sembrano più per lo Stato (a causa dell'aumento della tassazione relativa) e in parte per le imprese, che non per i lavoratori (tranne una minoranza, i dipendenti a reddito basso). Dal punto di vista della politica economica, è da varificare il fatto che possa spingere alla ripresa dei consumi. E' sicuramente un aiuto a chi è in difficoltà con debiti arretrati o con la rata del mutuo. 




A chi conviene.Secondo i calcoli dei consulenti del lavoro, fino a 15mila all'anno di reddito il Tfr in busta paga è conveniente. Per cifre superiori, siccome il governo ha deciso, di tassare il maggiore importo come parte integrante dello stipendio e quindi applicando l'Irpef ordinaria, si pagano più tasse. Fino ai 28mila euro, si tratta di un centinaio di euro di tasse in più e si sale mano a mano che aumenta il reddito. Oltre alla mancata rivalutazione della cifra mensile che non viene più versata per il Tfr.



A chi non conviene. Per i lavoratori con redditi oltre i 28mila euro la scelta è tra prendere una parte subito o prendere un po' di più quando sarà il momento di incassare il Tfr. Nella scelta bisognerà fare calcoli il più possibile precisi tenendo conto di due varianti: il regime di tassazione e la rinuncia alla rivalutazione attuale. Si tratta, in entrambi i casi, di due voci che vanno nella colonna del passivo. 


La terza via. C'è una terza possibilità, per subire una perdita meno elevata. Ed è la richiesta di anticipo del Tfr. Lo si può chiedere per acquisto o ristrutturazione dell'abitazione o per gravi motivi di salute per coprire spese mediche. Oppure, si può provare a proprorre un avccordo direttamente all'azienda. In questo modo si può "estrarre" fino al 75% del Tfr già versato. In questo modo, si perde la rivalutazione ma la tassazione è più bassa perché non finisce nel calcolo dell'Irpef, ma è soggetta a tassazione separata.




Previdenza sacrificata. Come hanno già rilevato molti osservatori, la manovra del Tfr rischia di penalizzare il sistema della previdenza integrativa, ovvero di coloro che hanno deciso di versare il proprio Tfr nei fondi pensione. Per due motivi. Il primo è tecnico: la legge di Stabilità alza la tassazione sui rendimenti dei contributi alla previdenza integrativa dall'11,5 al 20% e fino al 26% per i rendimenti dei fondi delle Casse dei liberi professionisti. Il secondo, anche qui, è di politica economica: dopo anni in cui si è detto che il sistema dei fondi pensione in Italia è tra i più arretrati d'Europa (la raccolta è pari solo il 7% del Pil contro il 60-70% dei paesi Ue più avanzati), l'aumento della tassazione non spingerà di certo i lavoratori a scegliere l'opzione pensione integrativa al posto del Tfr. Ancora di più nei prossimi tre anni, quando si potrà addirittura chiederne l'anticipo in busta paga. Anche qui bisognerà capire cosa verrà scritto nei decreti attuativi e se verranno confermate le anticipazioni per cui per i prossimi tre anni verrà data la possibilità di tarsformare il versamento al fondo in tfr in busta paga.  








Tfr in busta paga, i vantaggi e gli svantaggi

Costi e benefici dei provvedimenti del governo, che permettono ai lavoratori di incassare subito le quote della liquidazione



Fra pochi giorni, cioè dal 1° marzo in poi, milioni di lavoratori avranno la possibilità incassare sulla busta paga una parte del Tfr (trattamento di fine rapporto), cioè le quote di stipendio (il 6.9% circa) che oggi vengono accantonate per la liquidazione. Tale misura, introdotta dal governo Renzi con l'ultima Legge di Stabilità, comporta per molti italiani un aumento dello stipendio, superiore spesso a 50-80 euro netti.


Tuttavia, il Tfr liquidato sulla busta paga costringerà anche parecchi lavoratori a subire un salasso fiscale. Ecco, di seguito, una panoramica sulle conseguenze di questo provvedimento.

Il peso delle tasse

Gli aumenti di stipendio ottenuti da chi si fa pagare il trattamento di fine rapporto sulla busta paga saranno soggetti alla tassazione ordinaria, cioè  all'irpef. Per chi ha un salario di appena 1.500 euro, per esempio, il peso dell'irpef su ogni euro in più guadagnato è pari al 27%. Per chi ha retribuzione di 2mila euro netti, invece, l'imposta applicata su ogni aumento nella busta paga è addirittura del38%. Si tratta di una tassazione assai meno vantaggiosa di quella che grava sullla liquidazione (il prelievo spesso non supera il 23-27%) o sulle pensioni integrative (9-15%). 


La liquidazione va in fumo (o si riduce)

Chi si fa liquidare subito una parte del Tfr deve inoltre essere consapevole del fatto che, optando per questa scelta, avrà una liquidazione più bassa quando cambierà lavoro, quando andrà in pensione o in caso di licenziamento improvviso. Ogni anno, le quote del trattamento di fine rapporto sono infatti accantonate e rivalutate secondo un tasso pari ai tre quarti dell'inflazione, più una quota fissa dell'1,5%.

Previdenza integrativa a rischio

Un altro aspetto importante da non trascurare è che una parte dei degli italiani (circa 3-4 milioni in tutto) hanno deciso di destinare il Tfr ai fondi e alle polizze della previdenza integrativa, con l'obiettivo di costruirsi una pensione di scorta in vista della terza età. Anche questi lavoratori potranno farsi liquidare il Tfr sulla busta paga. Se in molti decideranno di non versare più i propri soldi ai fondi pensionistici, i prodotti della previdenza complementare perderanno una montagna di risorse, con una conseguente diminuzione delle prestazioni erogate.Ovviamente, un lavoratore che destina meno risorse ai fondi pensione, avrà una rendita integrativa più bassa durante la terza età. Ecco, di seguito, il link a un articolo che spiega quanto si perde a fine carriera, sulla pensione complementare o sulla liquidazione.



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