domenica 25 ottobre 2015

Poste, i grandi fondi pronti a salire


Il primo test del mercato, martedì 27 ottobre, giorno di inizio delle negoziazioni a piazza Affari del titolo Poste Italiane, rivelerà se il prezzo dell’Ipo, pari a 6,75 euro, è giusto. E se la fame lasciata agli investitori tagliati fuori dal book, oppure assegnatari di una quota di azioni ben inferiore a quella richiesta, è quel giusto appetito che garantisca un adeguato upside del titolo senza strappi, né verso l’alto né verso il basso.
L’aspettativa è che molti fondi, a partire dagli investitori long term che pure si sono visti assegnare azioni, approfittino già dei primi giorni di quotazione per arrotondare le quote sul mercato. Il collocamento della società dei recapiti sicuramente si può definire un successo dal punto di vista della domanda arrivata dal mercato. L’offerta destinata agli investitori istituzionali, pari a 304 milioni di azioni, ha avuto richieste per 3,6 volte, pari a 1,134 miliardi di azioni. Questa domanda esprime soltanto gli ordini arrivati nell’ultima forchetta di prezzo aggiornata dal ministero dell’Economia giovedì scorso e coincidente con il range 6,5-6,75 euro. Questo significa due cose: la prima, è che ci sono richieste inevase per 785 milioni di titoli (alla quantità offerta, infatti, il Tesoro ha deciso di aggiungere anche i 45 milioni della greenshoe) su un prezzo coincidente o molto vicino a quello di collocamento. La seconda cosa è che se si considera il range di partenza, 6-7,5 euro, la domanda è stata coperta anche oltre 4 volte l’offerta. Le richieste sono arrivate da ben 380 investitori, di cui solo 190 sono stati ammessi nel book. Di questi 190, circa il 94% e cioè più o meno 180, sono investitori esteri. Gli italiani sono soltanto una decina o poco più.
Martedì, dunque, potrebbe esserci una doppia spinta all’acquisto: quella di chi è rimasto con un po’ di appetito nonostante sia stato invitato al “banchetto”, e quella di chi è rimasto tagliato fuori per avere offerto un prezzo molto basso ma che, essendo comunque interessato a un investimento con un contenuto tasso di rischio e un buon rendimento almeno fino al 2016 (circa 4,7% il dividend yield atteso a fronte di un prezzo di acquisto di 6,75 euro), potrebbe voler entrare sul titolo anche pagando di più.
La selezione degli ordini per comporre il book effettuata negli ultimi giorni dal ministero dell’Economia con il supporto delle banche del consorzio  (Banca Imi, BofA Merrill Lynch, Citigroup, Mediobanca, UniCredit i global coordinator; bookrunners sono Banca Imi, BofA Merrill Lynch, Citigroup, Mediobanca, UniCredit,Credit Suisse, Goldman Sachs, JpMorgan, Morgan Stanley e Ubs. Rothschild e Clifford Chance sono advisor della società; Lazard e lo studio Gianni, Origoni e Grippo advisor del Tesoro. Barabino e Finsbury advisor per la comunicazione) e del management della società (oltre all’ad Francesco Caio, il cfo Luigi Ferraris e l’investor relator Luca Torchia), ha puntato a privilegiare i fondi di qualità - quelli in particolare di lungo periodo - rispetto ai fondi speculativi, come gli hedge fund. Nel capitale di Poste Italiani sono entrati, dunque, in Ipo almeno quattro fondi sovrani: i fondi cinesi Cic e Safe, il fondo emiratino Kia, il fondo pensione governativo Norges Bank. Kia aveva fatto un ordine per un quantitativo superiore al 2% e altrettanto dovrebbero avere richiesto i fondi cinesi. Da parte di questi soggetti potrebbe esserci interesse a comprare qualcosa in più, se non altro, nel caso di cinesi, per allineare le quote a posizioni superiori al 2% come avvenuto nelle altre grandi partecipazioni italiane, a partire da Eni ed Enel. Tra i big presenti nel capitale di Poste ci sono anche Fidelity, Amber capital, Blackrock. Ques’ultima, in particolare, sta negoziando con la società un accordo per la vendita negli uffici di prodotti di risparmio gestito. È probabile, dunque, anche in questo caso che la partecipazione azionaria possa essere arrotondata al rialzo. La stessa Cassa forense, per ammissione del suo presidente (si veda il Sole24Ore di ieri), aveva chiesto una quota più alta di azioni di quella ricevuta. L’aspettativa dei collocatori è che nei primi giorni di negoziazione questo effetto possa determinare sul titolo rialzi quotidiani entro il 10 per cento. Anche se nell’animo di chi ha costruito l’operazione resta comunque un timore. E cioè che possa ripetersi il caso Royal Mail, le poste britanniche, che nel primo giorno di negoziazioni hanno subito uno strappo in alto del 40 per cento. Anche su Poste Italiane, proprio per la difficoltà di esprimere una valutazione calzante per questi conglomerati che accorpano una varietà di business diversi tra loro, è prevalsa una linea di prudenza sul prezzo. L’auspicio è che il dosaggio della cautela sia stato quello giusto.

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