Entra nel vivo il processo che porterà alla quotazione di Poste Italiane, decisa dal Tesoro con l'obiettivo (ribadito anche qualche giorno fa) di incassare non meno di 4 miliardi. Sull'operazione c'è il massimo riserbo (gli analisti che vi lavorano preferiscono l'anonimato così come l'advisor Rothschild con Lazard che si muove in parallelo). La cautela è d'obbligo per due ragioni: è l'Ipo più importante dell'anno che coinvolgerà tanti risparmiatori. Ed è anche la privatizzazione Made in Italy più consistente, che potrebbe richiamare quei grandi fondi, da mesi attratti dalle basse valutazioni nell'Europa
meridionale e in rotta verso l'Italia.
La questione della valutazione
Oggi
ogni valutazione appare prematura, come spiegano anche gli articoli che
seguono, anche perché sul profilo tecnico certamente interverrà la strategia
del nuovo amministratore delegato, Francesco Caio, solo da qualche giorno al
timone della società. La partita è alta, il Tesoro punta a far cassa (controlla
il 100% e porterà a Piazza Affari il 40% del capitale). Il nuovo Esecutivo non
ha rallentato l'iter: la quotazione dovrebbe arrivare tra fine settembre e
inizio novembre. Prevale la necessità dell'abbattimento del debito pubblico:
per il 40% delle Poste è stato ipotizzato un valore tra i 4 e i 5 miliardi, una
forchetta che potrebbe salire, visto che non è ancora stata fatta una
valutazione ufficiale di tutti gli asset.
Perché i precedenti non fanno testo
Il
gruppo è composito e fonda l'80% dei propri ricavi dalle attività di raccolta e
gestione del risparmio, specie in ambito assicurativo. Ci sono aree
tradizionali, poi, come la corrispondenza e le spedizione che presentano al
momento voci in perdita ma che possono beneficiare dello sviluppo
dell'e-commerce, che in Italia ha una penetrazione solo del 2% contro un 15% di
quella nel Regno Unito. Certo la concorrenza non sta a guardare. In questi
giorni Gls, la la holding delle Poste inglesi, ha annunciato un piano di
sviluppo che andrà a rafforzare la sua presenza nei servizi di corriere
espresso. «Come investitore vedo del valore – spiega Tommaso Federici,
responsabile gestioni patrimoniali di Banca Ifigest – i dati sono molto buoni
e, in un contesto di spread bassi, dare nuova carta e nuovi titoli sarà
positivo ed è destinato ad avere successo. Tutte le quotazioni stanno andando
bene non solo sul primario. Inoltre, una volta quotata, la maggiore trasparenza
richiesta consentirà di dare visibilità anche ad altri titoli di Poste Italiane
come le obbligazioni. Qualcuno critica il fatto che rastrellare solo 5 miliardi
farà ben poco per il bilancio dello Stato. In realtà, parte di questo denaro
fresco potrebbe essere utilizzato per dare più agio alle politiche economiche.
Il mercato si aspetta che la valutazione non sia eccessiva e neppure troppo
bassa, insomma fair. Come sempre in base alla domanda degli istituzionali si
aggiusterà il prezzo. Mi aspetto che se ci sarà una domanda molto alta, il
prezzo si alzerà. Mi auguro con un piccolo scarto a premio perché il titolo
salga subito».
Cosa devono attendersi i clienti e i dipendenti
Se si raggiungessero i 5,5/6 miliardi, la capitalizzazione di
Borsa salirebbe a circa 15 miliardi e il
titolo entrerebbe nel mirino di quei fondi ed Etf che, investendo a Piazza
Affari, se lo ritroverebbero nell'indice Ftse Mib. Se dunque gli investitori
sono alla finestra, non sono da meno i dipendenti. Oltre 143mila addetti sui
quali da anni le Poste hanno fatto quadrato per sviluppare la figura del
consulente specialista che oggi, quando preparato e grazie a un'offerta
prodotti spesso meno costosa di quella bancaria, incontra spesso il favore di
quella clientela in cerca di soluzioni semplici e immediate. Il risultato si
vede dai ricavi. Ma anche i dipendenti non sono sfuggiti al "mal di
budget". Oggi una domanda sorge spontanea: alla ricerca di maggior ricavi
le pressioni commerciali cresceranno ancora in vista della quotazione? Piani di
riduzione del personale non sono previsti (forse ci sarà un'ottimizzazione
degli sportelli) e al momento i principali sindacati attendono il piano
industriale. Fino ad oggi hanno contestato ipotesi di spacchettamento aziendale
(come la quotazione della sola PosteVita) e hanno chiesto una governance volta
a garantire che Poste restino public company con lo Stato azionista al 60 per cento.
I clienti quale vantaggio potranno trarre dall'Ipo? Per molti si aprono delle
opportunità, legate all'investimento. Ma c'è da chiedersi (come si spiega a
pagina 5) perché l'interesse di chi è già cliente spesso venga trascurato solo
per ragioni di organizzazione e/o di scarsa comunicazione. La quotazione
potrebbe portare qualche beneficio anche anche in tal senso
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