Il mancato rinnovo della convenzione con la Cassa depositi e prestiti per la raccolta del risparmio postale? «Verrà sottoscritto entro Natale ed è slittato soltanto perché la partecipazione all’aumento di capitale dell’Alitalia ha richiesto più tempo del previsto». Il rinvio del piano strategico? «Sarà presentato a inizio anno e rappresenta una vera svolta, che va preparata con cura». Il nuovo contratto di programma con il governo per il servizio universale? «Non ci sono ostacoli particolari, ma il confronto entrerà nel vivo a gennaio».
Gli argomenti
Il vertice di Poste italiane rispedisce al mittente le accuse di ritardi nella definizione degli accordi quadro che regolano il funzionamento del gruppo. E spiega: «Stiamo cambiando le regole del gioco ed è naturale che ci sia chi cerca di mettere i bastoni tra le ruote».
Le indiscrezioni più destabilizzanti riguardano gli esuberi di personale che fonti sindacali calcolano intorno a 17-20 mila (su oltre 140 mila dipendenti). Ma la smentita delle Poste è secca: «Numeri immaginari che creano solo inutili incertezze e allarmismi». Il timore dei sindacati, per esempio, è che il piano in arrivo preveda il blocco del turn over, cioè 3-4 mila posti di lavoro in meno all’anno per cinque anni. Di sicuro, almeno per il momento, c’è soltanto il taglio di 500-600 uffici postali (su 13 mila), quelli considerati marginali, quasi sempre seguiti da un solo dipendente. Verranno chiusi dopo il via libera, in arrivo dell’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Senza però alcun licenziamento, spostando gli incaricati negli uffici postali dei comuni più vicini.
Le tensioni con buona parte del sindacato si sommano alle inquietudini dei dirigenti. La scelta di Francesco Caio è stata di rivedere completamente assetto organizzativo e incarichi manageriali, avviando una forte semplificazione. In precedenza l’asse portante del gruppo erano una dozzina di divisioni, più i servizi di staff, che portavano ad oltre una ventina i partecipanti ai vertici settimanali convocati dall’ex amministratore delegato, Massimo Sarmi. Ora la presenza alle riunioni del comitato esecutivo, che si tengono ogni lunedì, è quasi dimezzata e le divisioni sono state accorpate in tre grandi aree: l’attività tradizionale (più la logistica e il commercio elettronico), i servizi finanziari del BancoPosta, le assicurazioni di Poste Vita.
Geografia
Non solo. Due delle super divisioni hanno un nuovo responsabile, come pure quasi tutte le funzioni di staff. «Meglio poche cose ma fatte bene», ha spiegato Caio, che però deve fare i conti con interrogativi, incertezze e timori dei dirigenti di secondo e terzo livello che si stanno domandando quale sarà il loro destino. Per di più in una situazione dove serpeggiano le voci di corridoio sull’uscita di almeno alcuni dei manager appena assunti da Caio, scontenti per aver trovato condizioni diverse dalle aspettative.
Dietro questo clima c’è una regia, commentano fonti vicine al nuovo amministratore delegato, che smentiscono con forza. Certo la rivoluzione di Caio allontana ancora di più il collocamento in Borsa voluto dal ministero dell’Economia e che il predecessore assicurava di essere pronto a realizzare in tempi rapidi. Il risultato è lo slittamento della quotazione a data da destinarsi (ma certo non vicina), con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, che ha visto dissolversi l’incasso di 4 miliardi ritenuti acquisiti e a portata di mano.
Bilanci difficili
Nel frattempo il conto economico di Poste non si presenta soddisfacente. Il nodo é il cosiddetto servizio universale, l’attività tradizionale. Caio, poco dopo la nomina, ha battuto cassa chiedendo l’aumento dei 350 milioni di rimborso pagati alla società nel 2013 per la consegna della posta in zone del territorio nazionale dove non è conveniente operare. La motivazione è che si tratta di servizi in perdita per oltre 1 miliardo, anche se la questione è controversa (vedere articolo a fianco).
Resta il fatto che la richiesta è stata respinta al mittente, con l’aggiunta che la legge di Stabilità all’esame del Parlamento prevede esattamente il contrario: il taglio a poco più di 260 milioni.
Un colpo duro, che potrebbe portare a interventi d’emergenza. Tre, in particolare, sono molto chiacchierati: la richiesta a Poste Vita di dividendi straordinari, altrettanto a BancoPosta, la vendita di un pacchetto consistente di titoli pubblici ad alto rendimento che rappresentano una sorta di tesoretto del gruppo, tenuto finora di scorta per eventuali tempi difficili. Il tutto nell’attesa che diano frutti le novità su cui Caio ha deciso di puntare teorizzando, con definizione originale, lo «sviluppo inclusivo», filo conduttore dei nuovi progetti: la sim di PosteMobile abilitata alla tecnologia Nfc (che consente pagamenti nei negozi abilitati e per i trasporti pubblici, finora possibili soltanto con smartphone), la carta prepagata con annesso Iban (che consente le principali funzioni del conto corrente, dai bonifici al pagamento di bollettini come i Mav), il lancio di sportelli multietnici in cui gli operatori parlano le proprie lingue di origine (dal cinese al filippino passando per il rumeno).
Nessun commento:
Posta un commento