La gamma sempre più ampia di prodotti e servizi innovativi ad alto valore aggiunto, con cui Poste Italiane ha compiuto negli ultimi dieci anni una sorta di "rivoluzione silenziosa", si è arricchita recentemente di un altro importante tassello dopo il suo esordio, con un proprio brand, nel versante dell'e-commerce. Su questo nuovo percorso essa ha accelerato il passo nell'intento di acquisire posizioni di rilievo e interessanti prospettive nella competizione a livello internazionale.
Un primo risultato importante a tale riguardo è senz'altro l'accordo siglato, alla fine dello scorso luglio, dall'amministratore delegato Massimo Sarmi con i dirigenti di China Post, l'operatore postale di Pechino, e di Union Pay International, principale società cinese di servizi interbancari e terza rete per numero di carte di credito al mondo dopo Visa e Master Card.
L'intesa firmata con i due gruppi cinesi si tradurrà nella creazione, in esclusiva, di un canale di e-commerce nel segmento "business to consumer", attivo entro il prossimo novembre e dedicato al made in Italy. Di conseguenza Poste Italiane potrà selezionare e includervi le aziende tricolori interessate a promuovere in Cina i loro marchi, collocati negli scaffali virtuali del "Padiglione Italia", un'insegna che aveva riscosso molto successo all'Expo di Pechino nel 2008.
Le nostre aziende avranno così a disposizione la chiave d'accesso a un enorme mercato, valutato oggi a 265 miliardi di dollari e le cui potenzialità sono destinate a crescere ulteriormente con l'emergere di una middle class abbiente.
Si tratta di un'opportunità tanto più rilevante in quanto, attraverso il portale Ule (una grande "vetrina" di shopping on line) gestito da China Post e da Tom Group, e con l'assistenza di Poste Italiane sia nella definizione dell'offerta sia in tutte le operazioni per la parte tecnica e logistica, anche le Pmi avranno la possibilità di far conoscere meglio e più largamente i loro prodotti. Altrimenti, agendo da sole e in ordine sparso, avrebbero continuato a incontrare notevoli problemi per affacciarsi in modo adeguato sulle piazze cinesi, a causa non solo degli onerosi investimenti necessari a tal fine, ma anche per varie difficoltà collaterali di ordine fiscale, amministrativo e linguistico.
Finora i prodotti italiani che vanno per la maggiore in Cina, e che hanno registrato nel 2012 un fatturato di nove miliardi di euro, sono stati oggetti in pelle, capi d'abbigliamento e gioielleria. Ma, in considerazione della molteplicità di articoli che caratterizzano con forti tratti distintivi il paniere del made in Italy, c'è più di un motivo per ritenere che il nostro export manifatturiero verso il "Dragone rosso", possa divenire ora più consistente e differenziato. Grazie alla piattaforma e-commerce di Poste Italiane volta soprattutto ad agevolare il business delle piccole e medie imprese, esse saranno in grado di aprire un "negozio on line" senza aggravi burocratici e altre pastoie, dato che l'intesa stipulata da Poste prevede che la ragione sociale in loco, richiesta dalle normative cinesi per poter vendere merci sul posto, sarà quella di Ule e China Post penserà al pagamento delle tasse doganali e di quella equivalente alla nostra Iva (ma pari colà soltanto al 7 per cento).
In sostanza, quest'iniziativa dovrebbe contribuire, dal modo con cui è stata congegnata nella trama e nell'ordito, a dare impulso al made in Italy, le cui chances sono legate appunto, come ben sappiamo, sia all'adozione di soluzioni e di strumenti efficaci sia alla capacità di fare sistema.
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