L’isopensione o assegno di esodo, è uno strumento che è stato introdotto con la legge Fornero: entro il 2020 il lavoratore può andare in pensione con 7 anni di anticipo con l’aiuto dell’azienda per cui lavora ( altrimenti gli anni sono 4).Le aziende che hanno più di 15 dipendenti, in casi di eccedenza di personale, con accordi tra datori di lavoro e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative possono decidere di avvalersi dell’isopensione.La prestazione di esodo è liquidata con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello della risoluzione del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla data di presentazione della relativa domanda. Tra la data di cessazione del rapporto di lavoro e la decorrenza della prestazione non deve sussistere soluzione di continuità.La prestazione di esodo cessa di essere erogata alla scadenza e non è prevista la trasformazione automatica in pensione; l’interessato ha quindi l’onere di presentare in tempo utile la domanda di pensione.Il valore della prestazione di esodo è pari all'importo del trattamento pensionistico che teoricamente spetterebbe al lavoratore al momento di cessazione del rapporto di lavoro, esclusa la contribuzione correlata che il datore di lavoro si impegna a versare per il periodo di esodo.Il pagamento della prestazione di esodo è corrisposto per 13 mensilità ed è disposto, come per la generalità delle pensioni pagate dall’Inps, in rate mensili anticipate, la cui esigibilità è fissata al primo giorno bancabile di ciascun mese.FONTIestratto LEGGE 27 dicembre 2017, n. 205160. Al fine di fornire misure rafforzate per affrontare gli impatti occupazionali derivanti dalla transizione dal vecchio al nuovo assetto del tessuto produttivo senza che cio' comporti nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e aggravi sull'attuale sistema previdenziale, limitatamente al periodo 2018-2020 il periodo di quattro anni di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 28 giugno 2012, n. 92, puo' essere elevato a sette anni.
Ma davvero un operatore privato può garantire il recapito di invii multipli, per un valore superiore ai 500mila euro, a nome di grandi utenti o nell’ambito di gare ad evidenza pubblica? In altre parole, un concorrente, che per offrire servizi ai propri clienti finali deve avvalersi della rete di Poste italiane in quanto è l’unica davvero capillare, è in grado di assicurare le stesse proposte di questa?
Il quesito, dal punto di vista tecnico individuato come effettiva replicabilità delle offerte di Poste italiane, è sul tavolo dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che ha deciso di avviare il test previsto dalla delibera 384 dell’anno scorso. Ciò “al fine di assicurare il rispetto del principio di non discriminazione ed il contenimento di possibili fenomeni di compressione dei margini” (“margin squeeze”).
Prima di continuare, dato che viene considerato un approccio di oggettiva complessità e novità, l’Agcom ha deciso di avviare una consultazione pubblica.
Con la delibera n. 384/17/CONS l’Autorità ha deciso di sottoporre a test di replicabilità le offerte di Poste Italiane di servizi di recapito di invii multipli rivolte ai grandi clienti al fine di assicurare il rispetto del principio di non discriminazione ed il contenimento di possibili fenomeni di compressione dei margini (“margin squeeze”) per i concorrenti di Poste Italiane.
Il test servirà a valutare l’effettiva replicabilità delle offerte di Poste Italiane di servizi di recapito di invii multipli, di valore superiore a 500 mila euro, rivolte ai grandi clienti privati o formulate nell’ambito di gare ad evidenza pubblica da parte di un operatore postale che, per offrire servizi finali, deve avvalersi della rete di Poste Italiane.