Riguardano la possibilità, per le Amministrazioni pubbliche presenti nei piccoli comuni, di affidare il servizio in via diretta a Poste italiane
I piccoli Comuni entro i cinquemila abitanti possono affidare in via diretta -derogando quindi al principio generale nel quale si prevede una gara- i servizi di tesoreria e di cassa a Poste italiane: lo prevede la legge 158 del 2017. La legge di bilancio 2019, al comma 908 dell’articolo 1, ha esteso la platea dei soggetti alle Amministrazioni pubbliche operanti negli stessi centri minuscoli.
Ma l’Autorità garante della concorrenza e del mercato -rivolgendosi a Parlamento e Consiglio dei ministri- ha espresso dei dubbi. Il disposto -ricorda l’Agcm- “preclude il confronto competitivo tra i soggetti interessati all’offerta di tali servizi, limitando il processo di contenimento dei prezzi tipico del gioco concorrenziale. Pertanto, quest’ultima forma di affidamento può essere ammessa solo in ipotesi eccezionali, giustificate dalla presenza di particolari esigenze oggettive; ipotesi che, in quanto eccezionali, non possono essere ulteriormente e arbitrariamente ampliate”, nel caso specifico estendendole dai piccoli Comuni alle altre Amministrazioni pubbliche presenti nei medesimi territori.
A ciò si aggiunge che la norma in esame individua espressamente Poste italiane quale unico, possibile beneficiario. La società “è tuttavia un operatore privato, attivo sul territorio italiano in concorrenza con altri soggetti privati (ad esempio, istituti di credito), parimenti autorizzati a svolgere il ruolo di tesoriere per le pubbliche amministrazioni”. Inoltre, quello di tesoreria non rientra neanche nell’ambito del servizio universale per il quale l’azienda è concessionaria.
Insomma, l’estensione “appare in contrasto con i principi di libera concorrenza, in quanto impedisce il corretto svolgersi delle dinamiche concorrenziali, favorendo indebitamente un operatore privato rispetto ad altri operatori parimenti autorizzati a svolgere il servizio”.